Imposta sui media: le carte in tavola vengono rimescolate

Imposta sui media

Imposta sui media: le carte in tavola vengono rimescolate

21 febbraio 2020 agvs-upsa.ch – Le imprese, e quindi anche i garage, che generano un fatturato annuo di oltre 500’000 franchi, devono pagare un canone radiotelevisivo. Finora, ogni tentativo di esentare le imprese dall’imposta è fallito. Ora è stato intrapreso un nuovo tentativo.

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cst. Non importa se un’impresa possiede ricevitori per la TV e la radio o meno: dal 1° gennaio 2019 le imprese che generano più di 500’000 franchi all’anno di fatturato sono tenute a pagare un’imposta sui media. Quest’ultima viene classificata in base al fatturato e deve essere pagata annualmente.

Il «canone radiotelevisivo», come viene ufficialmente chiamato, è stato osteggiato, tra l’altro, dall’Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM) – e con essa dall’UPSA. Tuttavia, la resistenza all’imposta sui media non ha finora avuto successo: un’iniziativa parlamentare in tal senso di Gregor Rutz (UDC), membro del Consiglio nazionale di Zurigo, è stata approvata l’anno scorso da una netta maggioranza del Consiglio nazionale, ma è stata respinta dal Consiglio degli Stati.

Ora le carte in tavola vengono rimescolate: il ticinese Fabio Regazzi (PPD) e 49 cofirmatari vogliono almeno esentare le PMI dall’imposta sui media tramite una proposta. Come ha annunciato questa settimana la Commissione dei trasporti e delle comunicazioni del Consiglio nazionale, essa ha dato seguito alla sua iniziativa parlamentare con 13 voti contro 12.

Fabio Regazzi chiede che «solo le imprese con 250 o più dipendenti (a tempo pieno) siano ancora tenute a pagare il canone radiotelevisivo. Le imprese con meno di 250 dipendenti devono essere esentate dall’imposta.» Gli apprendisti non verrebbero conteggiati come dipendenti.

 

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Motiva la sua proposta sottolineando che l’imposta legata al fatturato crea casi problematici, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI) con fatturati ingenti ma margini molto bassi. «Ci sono PMI che, in seguito al cambio di sistema, pagano ora 5750 franchi per la stessa radio in un’autofficina invece di 200 franchi come un tempo per l’attivazione di una radio, circa 26 volte di più rispetto a prima.» Questa ingiustizia deve essere corretta, ha detto Fabio Regazzi. Va oltre e scrive: «Poiché gli utenti di media sono sempre persone fisiche, non è comprensibile perché le aziende debbano pagare un’imposta sui media.» Con l’attuale sistema di un obbligo d’imposta generalmente richiesto per le imprese con un limite di fatturato pari o superiore a CHF 500’000, «è consentita la doppia imposizione, cosa che non è giustificata».

Mentre una ristretta maggioranza dei membri della Commissione critica il legame tra il canone a carico delle imprese e il fatturato delle imprese, una minoranza non ritiene opportuno un ulteriore cambiamento di sistema. Ad eccezione delle PMI, solo una piccola percentuale delle imprese dovrebbe pagare un’imposta, «il che sbilancerebbe il sistema di imposizione nel suo complesso», sostiene la minoranza.

Dopo che la Commissione dei trasporti e delle comunicazioni del Consiglio nazionale ha dato seguito alla proposta di Fabio Regazzi, anche la Commissione del Consiglio degli Stati deve ora pronunciarsi sulla sua iniziativa parlamentare. Se quest’ultimo accettasse la proposta, il Consiglio nazionale preparerebbe una bozza.

Qualsiasi sia l’esito della votazione, l’imposta sui media rimane un argomento di discussione: entro la metà dell’anno il Consiglio federale deve riesaminare i livelli tariffari sulla base dell’esperienza del primo anno di applicazione della tassa. Alla base vi è una sentenza del Tribunale amministrativo federale del 5 dicembre 2019 sul canone radiotelevisivo. Quest’ultimo ha deliberato che la tassazione delle imprese in base solamente a sei livelli tariffari è incostituzionale.
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